Ma lo sai?
Il termine Norcino (proveniente da Norcia) in epoca medioevale fu adoperato per lo più in senso dispregiativo per indicare una delle figure minori che si erano sostituite a quella del chirurgo. Il norcino, infatti, rappresentò per secoli quel gruppo di figure di ambulanti che in giro per i villaggi e per le campagne si prestavano a praticare piccoli interventi chirurgici.
Il fatto che il norcino rappresentasse una figura non ben accetta era dettato dalla chiesa, infatti quest’ultima osteggiava ogni attività cruenta relativamente all’aspetto medico. I norcini però erano già conosciuti anche nell’antica Roma come esperti nell’arte di castrare i suini e lavorarne le carni, per questo avevano una notevole abilità manuale che li rendeva idonei anche a piccoli interventi quali incidere ascessi o cavare denti o steccare qualche frattura. Alcuni di essi dimostrarono anche notevoli capacità tecniche che li spinsero a interventi maggiori, quali asportazione di tumori o interventi per ernia e per cataratta, e furono anche molto richiesti per la castrazione dei bambini che dovevano essere avviati alla carriera lirica o teatrale come voci bianche, ma naturalmente ciò non poté evitare la scarsa considerazione di cui godettero in campo medico.
Successivamente dal XII al XVII sec. In Italia ci fu un forte sviluppo dei mestieri legati alla trasformazione di carni suine, e fra questi s’affacciò la figura del “norcino”. Col tempo i norcini iniziarono ad organizzarsi in corporazioni e confraternite, andando a ricoprire importanti ruoli all’interno della società. A Bologna fu istituita la Corporazione dei Salaroli, mentre nella Firenze De’ Medici nacque la Compagnia dei facchini di S.Giovanni decollato della nazione norcina. Papa Paolo V, con bolla del 1615, riconobbe addirittura la Confraternita norcina dedicata ai santi Benedetto e Scolastica. Otto anni più tardi papa Gregorio XV elevò questa associazione ad Arciconfraternita, alla quale nel 1677 aderì anche l’Università dei pizzicaroli norcini e casciani, e dei medici empirici norcini.
I norcini accrebbero così la loro fama in varie parti della penisola. La loro attività era solamente stagionale, in quanto il maiale veniva ucciso una volta all’anno d’inverno. Lasciavano le loro città (Norcia, Cascia, Bologna, Firenze, Roma) ai primi di ottobre e vi ritornavano verso la fine di marzo, quando si trasformavano in venditori di paglia o di articoli d’orticoltura.
La figura del norcino ha mantenuto intatta la propria fama fino a dopo la seconda Guerra Mondiale.
La comunità attualmente più numerosa di norcini è quella di Roma, oltre la sua associazione civile istituita nel 1623, si esprime nel suo radicato fondamento religioso che attualmente si identifica in due chiese di singolare rilievo. S. Maria dell’Orto eretta nel 1566 cui i norcini parteciparono con altre consorterie e nella quale varie cappelle sono dedicate alle università di associati, tra queste anche quella dedicata ai “pizzicaroli”. La norcineria si praticava nella stagione invernale e da Roma o dalla Toscana i commercianti si procacciavano a Norcia i lavoranti nella Fiera di Ferragosto.
Ricolma più di persone che di merci, si chiamava la fiera del “sienti ‘n pò” perché questa era la frase con cui i “padroni” si rivolgevano ai possibili “garzoni” per concordare le condizioni del rapporto di lavoro. Con questo si instaurava una convivenza lavoro-vitto-alloggio soprattutto quando il garzone andava in prima occupazione per avviarsi al cursus del mestiere; un lavoro duro nel retrobottega e negli scantinati per dieci-dodici ore al giorno, d’inverno.
Il garzone inizialmente era addetto alla pulizia del negozio, poi alla lavorazione e, quando non ci fosse stata cosa da fare, non gli si consentiva di oziare ma gli si mescolavano in un piatto legumi (ceci, lenticchie, fagioli) che doveva “ricapare”. L’estate i norcini che avevano la sola macelleria affittavano il negozio ai commercianti stagionali, di solito i cappellari toscani, e tornavano a Norcia a coltivare il piccolo fondo di loro proprietà, i garzoni quello dei genitori.
D’inverno si tornava in città e il garzone proseguiva nella carriera: da garzone a spellatore, ad insaccatore, macellaio, aiuto commesso, mezzarolo cioè socio a metà nell’esercizio, fino a divenire autonomo bottegaio o negoziante.
Si racconta di una lettera che un apprendista da Roma aveva inviato alla famiglia insieme a delle salsicce, con cui la informava della sua carriera: “Cari genitori, vi mando queste poche salsicce fatte con le mie mani di porco, il padrone per adesso mi fa spellare ma a Pasqua mi farà scannare”.
Dalla località di Priabona, situata nel nostro comune di Monte di Malo, prende il nome l’era geologica Priaboniana.
Nella scala dei tempi geologici, il Priaboniano è l’ultimo dei quattro piani in cui è suddiviso l’Eocene, che a sua volta è la seconda epoca del periodo del Paleogene, nell’era del Cenozoico. Inizia circa 37,2 ± 0,1 milioni di anni fa per concludersi 33,9 ± 0,1 milioni di anni fa.
L’istituzione del Priaboniano risale al 1893, quando due geologi francesi proposero alla comunità scientifica internazionale lo stratotipo di Priabona. Lo stratotipo Priaboniano è un importante punto di riferimento per ricercatori e studiosi necessario al riconoscimento dell’età di rocce analoghe in tutto il mondo ed è anche un valido elemento didattico proposto spesso come esempio e modello.
Le caratteristiche principali dello stratotipo sono la composizione litologica marnosa e la peculiarità dei fossili in essa contenuti:
- molluschi
- lamellibranchi
- echinidi
- crostacei
- briozoi
- foraminiferi
Libera nos a Malo è l’opera più significativa dello scrittore maladense Luigi Meneghello, pubblicata nel 1963. Il titolo è un gioco di parole tra l’espressione evangelica “liberaci dal male” e il paese natale di Malo.
Meneghello propone in una sorta di rivisitazione autobiografica gli usi, i costumi, le figure tipiche, la vita sociale che ha conosciuto nel corso della sua infanzia e giovinezza nel paese natale.
Lo scrittore traccia un ritratto della provincia vicentina, della sua gente e della sua cultura dagli anni trenta agli anni sessanta.
La denominazione comunale d’origine (De.C.O.), o denominazione comunale (De.Co.) rappresenta un riconoscimento concesso dalla locale amministrazione comunale ad un prodotto, in genere strettamente collegato al territorio e alla sua comunità.
Le De.C.O. sono state istituite in seguito alla legge nº 142 dell’8 giugno 1990, che consente ai Comuni la facoltà di disciplinare, nell’ambito dei principi sul decentramento amministrativo, in materia di valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali.
I nostri prodotti rappresentano la prima De.Co concessa dal nostro comune di Monte di Malo dove operiamo con la nostra azienda.